Secondo la Cassazione è illegittima la multa e, con essa, anche la decurtazione dei punti dalla patente, se l’autovelox non è omologato, nonostante l’approvazione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. Questo è quanto stabilito dalla recente ordinanza 10505/24 del 18 aprile 2024, emessa dalla seconda sezione civile della Cassazione. La decisione chiarisce che l’approvazione e l’omologazione sono due procedimenti distinti con finalità diverse: non basta quindi il solo via libera del Ministero, ma è essenziale anche che il dispositivo rispetti le norme specifiche del regolamento di attuazione del Codice della Strada.
L’articolo 192 del regolamento di attuazione del Codice della Strada descrive procedure diverse per l’omologazione e l’approvazione. L’omologazione è necessaria per confermare che i prototipi soddisfino le prescrizioni regolamentari e permette la produzione in serie di un dispositivo testato, garantendone funzionalità e precisione. Al contrario, l’approvazione si applica a dispositivi per i quali il regolamento non specifica le caratteristiche essenziali. Se un trasgressore mette in dubbio l’affidabilità di un apparecchio, spetta all’amministrazione dimostrare di aver eseguito tutte le verifiche periodiche richieste.
Nonostante ciò, il Ministero ha sino ad oggi ritenuto che approvazione ed omologazione fossero la stessa cosa, così procedendo solo alla prima e non anche alla seconda verifica. Il che ha portato la Cassazione a ritenere illegittimi quasi tutti gli autovelox oggi in circolazione.
La sentenza del 21 maggio 2024 del giudice di pace di Pescara ha convalidato questa interpretazione. La difesa, rappresentata dall’avvocata Carlotta Ludovici, ha ottenuto l’annullamento di un provvedimento del prefetto che aveva respinto un ricorso amministrativo contro tre multe per eccesso di velocità, con relativa perdita di punti. È stato evidenziato che il dispositivo in questione, il “Velocar Red & Speed Evo-R”, non era omologato, nonostante fosse approvato. L’articolo 142 del Codice della Strada, con l’uso dell’avverbio “debitamente” prima di “omologata”, suggerisce che non sono ammessi equivalenti per l’omologazione.
Come abbiamo appena detto, l’omologazione è una sorta di primo collaudo: serve per verificare che l’autovelox corrisponda alle caratteristiche costruttive e agli standard di precisione fissati dalla normativa.
L’omologazione deve essere effettuata una sola volta su qualsiasi tipo di autovelox. Vi provvedono ditte private titolari di apposita autorizzazione governativa. Le operazioni, una volta effettuate, vengono verbalizzate. Ogni autovelox deve quindi avere un certificato di omologazione che attesti la sua regolarità. Tale certificato deve essere in possesso dell’organo accertatore che utilizza materialmente l’apparecchio elettronico di controllo della velocità.
La taratura invece è un controllo di funzionalità che, a seguito di una pronuncia della Corte Costituzionale del 2015 (C. Cost. sent. n. 113/2015), deve essere eseguita almeno una volta all’anno. Come l’omologazione, anch’essa riguarda sia gli autovelox fissi che mobili, viene eseguita da una ditta privata appositamente autorizzata e deve essere verbalizzata. Il verbale con l’attestazione di taratura deve riportare la data in cui la stessa è stata eseguita proprio al fine di verificare il rispetto della prescrizione della Corte Costituzionale.
Come contestare la multa autovelox?
La Cassazione ha più volte detto (Cass. ord. n. 33414/2022) che tutti i tipi di autovelox devono essere periodicamente tarati e verificati. Non basta presentare certificazioni di omologazione e conformità delle apparecchiature per considerare valida la multa.
In giurisprudenza, è ormai consolidato il principio per cui tutte le apparecchiature di misurazione della velocità (che è elemento valutabile e misurabile) devono essere, oltre che omologate, anche periodicamente tarate e verificate nel loro corretto funzionamento. E ciò non può essere dimostrato o attestato con altri mezzi quali le certificazioni di omologazione e conformità, risultando, peraltro, a tal fine sufficiente il certificato di taratura. (Cfr., ex plurimis, Cass. n. 27467/2022; n. 8695/2022.)
Si tenga conto che, sempre secondo la Cassazione, la multa deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione della data dell’ultima taratura in modo da consentire all’automobilista di verificare se e quando la stessa è stata eseguita: in tal modo, potrà accertare il rispetto degli obblighi di legge e, in mancanza, proporre ricorso presso il giudice di pace (entro 30 giorni dalla notifica) o presso la Prefettura (entro 60 giorni).
Come verificare se un autovelox è stato omologato?
Ogni cittadino che sia stato multato ha diritto a verificare, prima di presentare ricorso, se l’apparecchio impiegato dalla polizia è munito dell’apposita omologazione. A tal fine, deve presentare una istanza di accesso agli atti amministrativi presso l’organo che ha elevato la contravvenzione, il quale dovrà rispondere entro massimo 30 giorni e comunque non oltre i termini per consentire il ricorso contro la sanzione.
L’automobilista può chiedere che il certificato gli sia semplicemente esibito – in tal caso abbreviando i termini per la risposta – o che dello stesso gli sia fornita una copia.
È chiaro che, mancando la risposta o in totale assenza del certificato, si potrà esperire ricorso presso le autorità per ottenere l’annullamento della multa. La polizia potrebbe anche depositare l’attestato dinanzi al giudice per dimostrare la regolarità della sanzione ma, in tale ipotesi, il ricorrente non dovrebbe essere condannato alle spese processuali, avendo proposto ricorso in buona fede, indotto in errore dalla mancata risposta dell’amministrazione. Viceversa, se il certificato di omologazione non viene prodotto neanche nel corso del giudizio di impugnazione della multa, questa dovrà essere annullata.
Come verificare se l’autovelox è stato tarato?
La procedura appena descritta per verificare l’omologazione vale anche per la taratura: l’automobilista multato, in quanto titolare di un legittimo interesse, può chiedere all’amministrazione che ha elevato la sanzione amministrativa di verificare il certificato di taratura. Quest’ultima è obbligata a rispondere nel rispetto dei termini per proporre poi ricorso al giudice (30 giorni).
In teoria, l’automobilista potrebbe anche proporre direttamente ricorso senza prima aver verificato l’esistenza dell’omologazione o della taratura ed eccependo la loro mancanza, ma con la consapevolezza che se poi detti attestati dovessero essere prodotti, egli perderebbe il ricorso e probabilmente sarà condannato al pagamento delle spese processuali.