Le novità relative all’addizionale comunale all’IRPEF

L’introduzione della nuova articolazione degli scaglioni IRPEF, che dal 1° gennaio 2024

porta a tre le aliquote, riunendo i primi due scaglioni applicati nel 2023 a cui è attribuita

l’aliquota minore, nella misura del 23%, non impone ai Comuni la necessità di adeguarsi,

per il 2024, ai nuovi scaglioni nazionali.

Si rammenta che l'addizionale comunale, comunque facoltativa, non può superare lo 0,8%

dell’imponibile IRPEF. La sua applicazione consente al Comune di adottare soglie di

esenzione, ma non altre forme di agevolazione, quali le detrazioni fiscali, riservate al

Legislatore nazionale.

Si ricorda, altresì, che il Comune può applicare l’addizionale approvando un’unica

aliquota, nella misura massima dello 0,80% dell’imponibile IRPEF, oppure approvando

l’articolazione delle aliquote sulla base degli scaglioni stabiliti a livello nazionale.

Tuttavia, il D.Lgs.n. 216/2023, recante la riforma delle imposte sul reddito delle persone

fisiche e altre misure in tema di imposte sui redditi, dispone che i Comuni possono

attendere il 2025 per procedere con detto adeguamento. In ogni caso, per l’anno d’imposta

2024, i Comuni hanno tempo fino al 15 marzo 2024 per adottare eventuali modifiche.

Pertanto, per il 2024, ai Comuni sono riconosciute le seguenti facoltà:

mantenere la situazione vigente nell’anno d’imposta 2023;

approvare aliquote mantenendo i medesimi scaglioni IRPEF vigenti del 2023;

deliberare le aliquote recependo i nuovi scaglioni dell’IRPEF nazionale, portati a tre.

L’aliquota deliberata dal Comune deve essere inserita nel portale del Dipartimento della

Fiscalità locale entro il 20 dicembre dell'anno di competenza, quindi entro il 20 dicembre

2024, diversamente restano applicabili le aliquote (o l’aliquota unica) approvate l’anno

precedente.

Le previsioni in ambito IMU

La norma di interpretazione autentica per l’uso degli immobili degli ENC

Di sicuro impatto è l’interpretazione autentica introdotta dall’art. 1, comma 71, della Legge

di Bilancio 2024-2026 (Legge n. 213 del 30 dicembre 2023) in merito alla previsione di cui

all’art. 1, comma 759, lett. g), della Legge n. 160/2019, che ha introdotto la disciplina della

cd. “nuova IMU”.

La norma in commento afferisce all’esenzione IMU relativa agli immobili destinati

esclusivamente all’esercizio di attività, con modalità non commerciali, di tipo assistenziale,

previdenziale, sanitario, di ricerca scientifica, didattico, ricettivo, culturale, ricreativo e

sportivo o attività di religione o di culto. Tali attività devono essere svolte da enti pubblici

e privati (diversi dalle società), trust che non abbiano per oggetto esclusivo o principale

l’esercizio di attività commerciale, organismi di investimento collettivo del risparmio

residenti nel territorio dello Stato.

In particolare, il richiamato comma 71 ha precisato che con il termine “posseduti” si

devono intendere anche gli immobili che sono stati concessi in comodato ai soggetti sopra

individuati (ossia quelli espressamente indicati all’art. 73, comma 1, lettera c), del Testo

Unito delle Imposte sui Redditi).

Tuttavia, tali soggetti devono essere “funzionalmente o strutturalmente” collegati al

concedente, e deve sussistere la condizione per cui il comodatario deve svolgere

nell’immobile esclusivamente le attività previste dall’art. 7, comma 1, lettera i), del

D.Lgs.n. 504/1992, ossia le attività indicate in precedenza che, peraltro, devono esser

esercitate con modalità non commerciali.

L’interpretazione di cui al citato comma 71 dispone, altresì, che gli immobili devono

intendersi “utilizzati” quando “sono strumentali alle destinazioni” individuate dal

richiamato art. 7, comma 1, lettera i), del D.Lgs.n. 504/1992, “anche in assenza di esercizio

attuale delle attività stesse, purché essa non determini la cessazione definitiva della

strumentalità”.

L’intervento della legge di Bilancio, pur andando ad incidere sulle norme della “nuova

IMU”, in vigore dal 1° gennaio 2020, si rifletterà sui bilanci dei Comuni in ragione della

possibilità che avranno gli enti non commerciali di richiedere il rimborso dell’IMU versata

nell’ipotesi in cui abbiano concesso in comodato dei propri immobili ad altri enti non

lucrativi, in presenza dei requisiti indicati dalla norma di interpretazione autentica.

Preme, comunque, segnalare che, trattandosi di una precisazione che investe la “nuova

IMU”, non riguarderà l’applicazione dell’IMU di cui al D.L. n. 201/2011, vigente fino al 31

dicembre 2019.

Come confermato anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, l’esenzione

prevista dall’art. 7, lett. i), del D.Lgs. n. 504/1992, applicabile sia all’I.C.I. che all’IMU, non

si applica se l’immobile non è utilizzato direttamente dall’ente possessore, salvo le

eccezioni relative alla presenza di “compenetrazione” come precisata dalla Corte. Dunque,

per le verifiche relative all’IMU vigente fino all’anno d’imposta 2019 è necessario che

sussistano sia il requisito oggettivo, rappresentato dallo svolgimento esclusivo

nell’immobile di attività meritevoli di beneficiare dell’esenzione, sia il requisito soggettivo,

ossia lo svolgimento dell’attività da parte di un ente pubblico o privato con modalità non

commerciali (eventualmente anche parzialmente, a decorrere dall’anno d’imposta 2013).

La sanatoria per le delibere pubblicate tardivamente sul Portale del MEF (anche per quelle relative alla TARI)

Il successivo comma 72 della Legge di Bilancio 2024-2026 contiene la sanatoria per i

Comuni che, limitatamente all’anno d’imposta 2023, hanno pubblicato in ritardo le

delibere con cui l’ente locale approva o modifica aliquote e tariffe o i relativi regolamenti.

La norma consente di considerare tempestivamente pubblicate le delibere inserite nel

Portale del Federalismo Fiscale entro il 30 novembre 2023 e pubblicate entro il 15 gennaio

2024, in deroga all’art. 13, comma 15-ter, del D.L. n. 201/2011 e all’art. 1, commi 762 e 767,

della Legge n. 160/2019.

Peraltro, in ragione della specifica previsione portata dalla Legge n. 213/2023 si ritiene,

come confermato anche da ANCI nella nota pubblicata sulla medesima Legge di Bilancio

2024-2026, che la sanatoria si riferisca anche alla TARI.

In applicazione alle previsioni in commento, potrebbe emergere un’eventuale differenza

dell’IMU dovuta rispetto alle aliquote adottate dal contribuente prima della

pubblicazione. Per tali situazioni il comma 73 ha stabilito che la maggior IMU

eventualmente dovuta dovrà essere versata entro il prossimo 29 febbraio 2024, senza

sanzioni né interessi, mentre nel caso in cui l’IMU sia stata versata in eccesso, saranno

adottate le ordinarie procedure di rimborso.

Inoltre, a decorrere dal 2024, ad opera del comma 74 trova ingresso la disposizione per cui

i termini di pubblicazione sul Portale del MEF, ossia il 14 ottobre e il 28 di ottobre, nel caso

in cui cadano dei giorni di sabato o domenica, sono prorogati automaticamente al primo

giorno lavorativo successivo.

Rinvio al 2025 dell’obbligo di compilazione del prospetto delle aliquote

Come è noto, la Legge n. 160/2019 ha previsto che i Comuni potranno diversificare le

aliquote IMU seguendo le indicazioni riportate nell’apposito prospetto previsto ai sensi

dell’art. 1, comma 756, della norma stessa. Tuttavia, a causa di anomalie presenti

nell’applicativo informatico, l’obbligo è stato procrastinato al 2025, ad opera dell’art. 6-ter

del D.L. n. 132/2023.

In commento alla disposizione citata è intervenuto il MEF, con un proprio comunicato del

30 novembre 2023, precisando che per l’anno 2024 i Comuni continueranno a seguire la

precedente modalità di approvazione e di pubblicazione delle aliquote IMU, con invio

entro il 14 ottobre, al fine del loro inserimento sul Portale entro il 28 ottobre 2024. Ciò

significa che, in assenza di delibera di approvazione delle aliquote IMU nell’anno 2024,

resteranno applicabili quelle vigenti nell’anno d’imposta 2023, ai sensi dell’art. 1, comma

169, della Legge n. 296/2006.

Le disposizioni di rilievo nella gestione TARI

Oltre alla sanatoria introdotta dall’art. 1, comma 71, della Legge n. 213/2023, già commentata in precedenza in ambito IMU, per quanto attiene alla gestione TARI si evidenziano di seguito due questioni di particolare rilievo.

Revisione biennale obbligatoria del PEF

In ragione dell’introduzione del PEF pluriennale, relativo al secondo periodo regolatorio

individuato da ARERA (2022-2025) stabilito dalle disposizioni relative all’elaborazione

dell’MTR-2, i Comuni hanno già provveduto nel corso dell’anno 2022 alla compilazione

del PEF dei quattro anni di riferimento; la medesima normativa prevede, altresì, l’obbligo

di revisione del PEF per il biennio 2024-2025. Pertanto, i Comuni saranno tenuti nel corso

del 2024 a provvedere a detto adempimento, la cui scadenza, al momento, è stabilita al 30

aprile 2024.

Introduzione delle componenti perequative

Con deliberazione n. 386 del 3 agosto 2023, ARERA ha introdotto due apposite

componenti perequative che dovranno trovare ingresso nelle bollette TARI a decorrere

dall’anno d’imposta 2024. La finalità di tale provvedimento è diretta ad adottare

meccanismi perequativi dei costi di gestione dei rifiuti afferenti a due casistiche:

copertura dei costi sostenuti a livello nazionale per la gestione dei rifiuti

accidentalmente pescati, nonché dei rifiuti volontariamente raccolti all’interno di un’area

compresa nella competenza territoriale di un’Autorità di sistema portuale competente,

inserendo in bolletta l’importo della componente Ur1 di importo pari ad € 0.10; la

copertura comprende, altresì, i costi dei rifiuti recuperati in occasione di campagne di

raccolta da parte di volontari;

copertura dei costi inerenti alle agevolazioni tariffarie a favore delle zone colpite dagli

eventi eccezionali e calamitosi mediante l’introduzione in bolletta, a carico di tutti gli

utenti TARI, di un’ulteriore componente perequativa, denominata Ur2, nella misura di €

1,50.

Ne discende che nelle bollette emesse per la riscossione della TARI per l’anno 2024

dovranno essere inserite le due voci sopra descritte per ogni utenza presente in bolletta (e

non per ogni utente), in aggiunta all’ammontare della TARI dovuta e del TEFA. Gli

importi in parola costituiscono componenti a valle del PEF e, pertanto, dovranno trovare

apposita collocazione del bilancio comunale, quale voce destinata ad alimentare il fondo

CSEA, ossia la Cassa per i Servizi Energetici ed Ambientali destinata alle finalità sopra

illustrate

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